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martedì 24 gennaio 2012

Il Sushi ... Dalla storia direttamente sulle nostre tavole

La definizione di Sushi più esauriente e più semplice che sono riuscita a reperire nel web è stata:

“riso aromatizzato all’aceto, farcito o ricoperto con pesce, 
molluschi, crostacei, uova e verdura, crudi, cotti o marinati”. 

Corso di Sushi
Ma, come potete notare voi stessi, non c’è niente di semplice in questo. 
Il Sushi è, apparentemente, un piatto alla portata di tutti ma cela nel suo retroscena un lavoro molto complesso, sofisticato e attento ai dettagli. A partire dalla semplice scelta del riso, degli ingredienti, del pesce…arrivando alla sua sfilettatura e alle varie tappe della sua preparazione, ma….ci arriveremo ^_^
Voglio cominciare innanzitutto partendo da un concetto fondamentale: il Sushi non è pesce crudo
Sì sì, avete capito bene! Quando si parla di Sushi non si deve intendere necessariamente cruditè ma bensì una gamma di manicaretti che comprendono anche quello ma non solo. Insomma, mai sentito parlare di Sashimi? 
Ecco, adesso vi spiego la differenza. 
Sashimi (a sinistra), Sushi (a destra)
In Giappone con la parola “Sushi” s’intende una vasta gamma di piatti che hanno alla base del riso cotto, condito con aceto di riso, zucchero e sale e con l’aggiunta di un ripieno o di una guarnizione di pesce, alghe, uova o vegetali. Le diverse varietà del piatto dipendono, per l’appunto, dalla scelta del ripieno, delle guarnizioni e dal modo in cui questi vengono combinati tra loro. 
Il Sashimi, invece, è semplicemente un piatto a base di pesce crudo o molluschi freschissimi tagliati a fettine sottili e serviti generalmente con una salsina (salsa di soia con wasabi o salsa ponzu). 
Insomma, come potete notare voi stessi cos’hanno in comunque queste due specialità se non il solo fatto di essere originarie del Giappone e di cominciare con la lettera “S” ?

Il Sushi non è da molto che è giunto in Italia e, ancora da meno, direttamente sulle nostre tavole. Nonostante ciò può benissimo esser considerato come una specialità millenaria che ha fatto un lungo viaggio prima di “raffinarsi” e giungere a noi. Alcuni ritengono che la sua origine sia associabile con la nascita delle coltivazioni di riso, nel IV secolo a.C., mentre altri sostengono che sia stato introdotto dai monaci buddisti tornati dalla Cina nel VII secolo d.C.
Come noterete anche voi c’è molta discordanza tra le date. Ma tutti concordano che la prima data ufficiale attestata sia quella del 1820 quando, a Edo, il cuoco e venditore ambulante Hanaya Yonei creò il primo “Nigirizushi”. Questa sua specialità accolse molto velocemente il consenso delle persone e la sua ricetta non mancò di diffondersi con altrettanta velocità. Forse vi risulterà difficile da credere, ma la seconda guerra mondiale contribuì enormemente alla sua notorietà. In questo periodo non erano in molti ormai i banchi rimasti agli angoli delle strade che lo preparavano. 
E mentre di giorno era diffusa la tendenza del take-away, di sera erano molti gli occhi delle persone che posandosi su quei piccoli chioschi ambulanti riconoscevano in loro una presenza famigliare e quasi rassicurante. Il Nigiri-Sushi veniva accompagnato da ciotole comuni contenenti dello zenzero sott’aceto (“gari”) e da salsa di soia. In più usavano tutti ripulirsi le mani utilizzando le tende alle loro spalle tanto da arrivare, in seguito, a poter identificare un buon chiosco di sushi dalla quantità di “sporcizia” presente sulle tende lasciata da tutti i suoi avventori quotidiani.
Ma mentre in passato ci si poteva improvvisare “cuochi” di sushi senza tanti problemi, oggi esiste una vera e propria gavetta per tutti coloro che intendono arrivare ad associare al loro nome il titolo onorario di Chef !
Le parole d’ordine di quest’impresa sono: volontà e disciplina.
Il periodo di apprendistato è veramente molto lungo e si sviluppa principalmente in questo modo: durante i primi due anni l’apprendista può soltanto osservare il proprio maestro (Shokunin) mentre prepara il sushi e svolgere mansioni del tutto diverse come lavare i piatti o pulire i pavimenti; il passo successivo sarà quello imparare alla perfezione la tecnica di cottura del riso e il dosaggio del condimento (aceto, zucchero e sale); dopodiché gli verrà insegnato come fare i maki (i rotolini) e solo dopo ben 4 anni verrà iniziato al taglio del pesce e al suo acquisto nei mercati (punto, anche questo, di basilare importanza). Ho utilizzato il termine “iniziato” perché il Sushi-Chef (definiamolo così) appartiene a un elite realmente esclusiva.
Ma vi rendete conto quanto lavoro, professionalità e fatica racchiude in sè quel piccolo rotolino di riso che avete tra le mani (o tra le bacchette) ?
A questo punto non si può non aprire una parentesi e affrontare un altro aspetto importante nella preparazione del sushi: i coltelli.
Per un Sushi-Chef i coltelli sono veramente importati e se ne possono principalmente distinguere 3 tipi:
1)    Deba bocho, la sua caratteristica principale è quella di avere una lama molto spessa e pesante a sezione asimmetrica cioè da una parte la lama è bombata e dall’altra piatta; ideale per il taglio del pesce
2)    Usuba bocho, la sua caratteristica principale è quella di avere una lama dritta e senza punta; ideale per pelare, tagliare e tritate le verdure
3)    Yanagi bocho, la sua caratteristica principale è quella di avere una lama allungata; è il classico coltello da pesce ideale per affettare il pesce e tagliare i maki
N.B. (un paio di accorgimenti in più sui coltelli) : devono essere affilati usando una pietra abrasiva; non vanno mai lavati in lavastoviglie, ma sempre a mano; vanno tenuti in un portacoltelli a posti singoli.
Nel prossimo post vi illustrerò le varie tipologie di sushi ^_^

2 commenti:

  1. Grazie Marco del sostegno :)
    Presto scenderò ancor più nel dettaglio mostrando le diverse tipologie e, magari, anche qualche foto dimostrative...vedremo ^_^

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